S:t Erik - From Under The Tarn (CD)

Review
The Executioner Zine
7/10
24.04.2010

Desconocía totalmente la existencia de esta banda sueca; por lo visto tienen una demo anterior a este álbum, pero ni idea de la misma, de su repercusión, etc…

Bueno, el tema es que esta gente ha fichado por la rusa Solitude Productions, una de las discográficas más activas si de lo que hablamos es de Doom.

Por supuesto que S:t Erik tienen cosas de ese estilo, pero sus composiciones no se quedan ahí, van algo más allá. Me han recordado a Sleep, a Acid King, algo a la continuación de los primeros Om, por ciertas partes tanto vocales como de bajo, hay evidentes rollos “made in Cisneros”, pero este grupo no se queda en ese punto, incluyen en su música elementos mucho más psychodelicos, espaciales e incluso cercanos a los llamados “posts”.

Se trata de un disco bastante disfrutable si lo que os gusta es la música dada a crecer, a progresar, a transportar al oyente con sus atmósferas y ambientes y acaba siendo un trabajo más que respetable del que el oyente quedará satisfecho, aunque tampoco deslumbrado. Buen disco.

Author: Luctus

Review
Maelstorm
3/10

Derivative music is tiresome in general, but perhaps at the pinnacle of pointlessness is the stoner doom genre. It even trumps the tedium of metalcore’s blind At the Gates mimickry. S:t Erik’s From Under the Tarn is the latest installment of utter, mindless Black Sabbath ripoff, something that’s been ripped off so doggedly for so long that it’s become a question of a third or fourth generation of rip-offs.

In From Under the Tarn’s case, the going’s worse because, aside from the tedium of same, recycled riffs and motifs, the vocals are poor — spirited, but struggling, even in the simple, basic blues doom register and delivery, making this album lame, even for its style.

Author: Roberto Martinelli

Review
Dark City #55
4/5

Каждая стоунер-дум команда традиционно вдохновляется Black Sabbath, это уже как аксиома, и без "отцов" не было бы стоунера как такового. Так и, разумеется, S:t Erik с первых же секунд альбома заставляют вспомнить славных англичан. Однако, шведы не только не стараются подражать классикам или коллегам по жанру, но и умело привносят что-то новое в стиль, изменяя его до такой степени, что об однозначном его определении не может быть и речи. Среди фаворитов у группы, по всей видимости, еще и Pink Floyd, да и вообще, кругозор весьма широк: благодаря "космическим" клавишным вставкам и сэмплам, чрезвычайно эмоциональному вокалу, пульсирующему басу и сбивчивому ритму, стоунер-дум у ребят вышел психоделичным, атмосферным и безумным, а безмятежные фрагменты постоянно держат в напряжении. Сколько угодно можно сравнивать группу с Electric Wizard или Ufomammut, но этого не-достаточно, чтобы описать музыку шведов в полном объеме.

Author: П.Ш.

Review
Shapeless Zine
7.5/10
25.02.2010

Vent'anni fa, il doom metal era un genere per pochi. Alcuni lo trovavano troppo vecchio, troppo sabbathiano. Altri invece preferivano considerarlo parte del movimento allora in auge dello stoner, come se questa cosa lo nobilitasse. Ricordo che un amico di mio fratello aveva bollato i Cathedral come "troppo metal"; un amico mio, invece, aveva definito stoner i Saint Vitus, poichи "doom metal" suonava male. Queste due persone erano metallari, ovviamente. Ma anche in ambiente metal, il doom non stava certo meglio: anzi, il termine veniva spesso usato a sproposito per il gothic. Tutto ciт che si rifaceva ai Black Sabbath o ai Pentagram (o, in casa nostra, a Paul Chain) era messo immediatamente in disparte, a meno che non provenisse dai deserti degli Stati Uniti.
Ai giorni nostri, il doom si и preso una bella rivincita. Da genere per sfigati, ora и diventato praticamente di moda. Magari mescolato con lo stoner, con lo sludge, e cosм via. Perт, quei riff fangosi, quelle ritmiche pesanti ed ostinate, quesi suoni cupi e sulfurei stanno conquistando sempre piщ cuori metallici. Anche i cuori di quelle persone che, vent'anni fa, ci avevano spalato fango sopra.
Tutta questa platea di amanti del doom, non potrа che gioire dell'album d'esordio degli svedesi S:T Erik. "From Under The Tarn" и stato pubblicato a due anni di distanza dal demo "Upsala", e celebra il terzo anno di attivitа del quintetto.
La copertina consiste nel primo piano di un occhio spalancato. Nel retro del libretto, le palpebre sono chiuse. Nelle sue otto facciate, troviamo invece lo spazio cosmico come sfondo, con i testi scritti in basso, quasi nascosti. Ci sono anche le informazioni relative alla registrazione, dalle quali scopriamo che "From Under The Tarn" и stato inciso dalla seguente formazione: Erik Nordström al basso ed alla voce, Tomas Eriksson e Magnus Wikmark alle chitarre, Fredrik Aspelin alla batteria e Mats Norman ai sintetizzatori. Alla realizzazione di questo lavoro hanno contribuito gli ospiti Billie Lindhal (dei Promise And The Monster, alla voce), Kristofer Jönsen (cetra) e Martin Sondström (dei Jeniferever, alla chitarra).
"From Under The Tarn" dura 48 minuti, suddivisi in cinque tracce. La piщ corta, si aggira attorno ai sette minuti; la piщ lunga, supera i tredici. E, come ho avuto modo di farvi intendere nei paragrafi introduttivi, i S:T Erik suonano doom metal. Anzi, doom metal cosmico. Infatti, la loro musica accoglie in sи suggestioni spaziali, psichedelico-fantascientifiche. Insomma, "From Under The Tarn" и un viaggio psichedelico capace di portarci, con la mente, fino allo spazio piщ profondo.
La proposta musicale dei nostri, molto tradizionale nel suo complesso, и resa moderna dalla registrazione cristallina e potente. Per il resto, saltano all'orecchio tante suggestioni fine anni '60 - inizio '70, mescolate a riff possenti e testardi di chiara scuola Black Sabbath. A meno che queste evoluzioni spaziali-psichedeliche non siano influenze di seconda mano, mutuate dallo stoner piщ lisergico e riinserite nel loro contesto originale. Che si voglia essere critici o meno, comunque, c'и una cosa che non puт essere messa in discussione: la formula musicale creata dai nostri funziona. Le canzoni sono tutte appassionanti, ben realizzate, equilibrate e coinvolgenti. Le cito tutte, tanto il loro valore и simile: "Goddess", "The Search", "Your Highness", "Black Wall" e "Swan Song". Tra tutte, "Swan Song" e "The Search" sono le piщ lunghe e creative, la seconda di queste impreziosita dal bel contributo vocale della cantante Billie Lindahl.
Scendendo maggiormente nei particolari, uno dei punti di forza del gruppo и sicuramente la scelta dei suoni. Gli arrangiamenti sono perfetti, in particolare la scelta timbrica delle chitarre, compressa e marcia. La sezione ritmica non perde un colpo, ed il sintetizzatore contribuisce allo spessore del suono. Ed и fondamentale nel ricreare delle atmosfere mezzo acide, mezzo sci-fi. La voce di Erik non и eccezionale, ma il suo timbro pulito и perfettamente funzionale per il genere. Anzi, l'esclusione di qualsiasi vocalizzo distorto sancisce l'adesione dei S:T Erik al doom piщ classico.
L'abilitа strumentale dei musicisti и indiscutibile, cosм come la loro professionalitа. Un certo talento nello scrivere canzoni fa sм che la musica dei S:T Erik non sia mai noiosa, ma riesca ad essere avvincente in barba ai minutaggi massicci. In piщ, comunicano la sensazione che dal vivo il quintetto sia una forza.
Tra i limiti del gruppo, il fatto di essere molto derivativi. Certo, i S:T Erik hanno una loro identitа, ma fanno anche incetta di clichи. La loro musica puт ricordare, escludendo gli ovvi gruppi di riferimento per la genesi del doom metal, band quali Electric Wizard, Acrinomy, OM, i nostri Ufomammut, Acid King, qualcosa degli High On Fire, e cosм via. Penso che questi nomi bastino per farvi un'idea dello stile musicale dei nostri. A questo, perт, aggiungete che si tratta di una pubblicazione della Solitude, che di norma и garanzia di qualitа. Di conseguenza, fate il vostro calcolo tra songwriting non originalissimo e valore del disco. Che и elevato, per la precisione.
Dunque, ritornando al mio discorso iniziale, c'и tanta ipocrisia in questa rivalutazione del doom, che ritroviamo un po' ovunque. Ma и anche un bene che il genere goda del suo revival, perchи questo dа l'occasione non solo di riscoprire dei classici dimenticati, ma permette anche a gruppi nuovi di mostrare tutto il loro valore. Come nel caso dei S:T Erik.

Author: Hellvis

Review
Friedhof Nagazine
8.5/10
12.01.2010

Pese a que el Stonner, y el Heavy “doomizado” no es ni mucho menos mi estilo favorito, he de reconocer que este quinteto, proveniente de Uppsala (Suecia), es tremendamente original y fresco. Por el lado del Stonner o del Sludge, tienen las influencias de los riffs “blueseros” pesados y distorsionados que pueden recordar a Summa, Eye hate God, Saint Vitus y Candlemass, pero por otro lado se ven ciertas reminiscencias a la música Drone, el Post-Metal y el Noise en la onda de los grandiosos Sunn0)), Neurosis o Cult of Luna.
Después de una demo aquí nos llega “From under the Tarn”, su debut con Solitude Productions, compuesto por cinco temas densos y una duración de casi 50 minutos.
Es una producción contundente y ruidosa, con una atmósfera cargada y oscura en las que abundan los teclados y los ruidos sintetizados espaciales. La voz es melódica más bien tirando a aguda y lastimera en la honda de Glenn Danzig que a veces es coreada por una voz femenina, lo que le da a todo un aura de irrealidad, aunque es bastante escasa a lo largo de la grabación.
En definitiva, un debut tremendo que no debe pasar desapercibido a los fans del Stonner. No obstante aquel que considera aburrido dicho género por monótono y monocorde, y le guste el Noise, el Drone, o el Post-Metal, dabería dar una oportunidad a S:t Erik, porque merecen verdaderamente la pena.

Author: Azathoth