The Howling Void - Shadows Over The Cosmos (CD)

Review
Doom-metal.com
20.09.2010

Oh man, that is good!

'Shadows Over The Cosmos' is the second full-length of the Howling Void. An american one-man project that displays the kind of icy soundscapes you usually encounter in the frozen solitude of the Ural steppes. This second opus comes after an already more-than-good album and brings all the potential of the latter to an even deeper, wider scale.

Carving utterly despondent melodic lines, the guitars are the trademark of The Howling Void. Howling guitars indeed, dropping crushing notes, droning despair and grief. And sad, sad, sad lighter melodies that grasp you by the throat. No anger or aggressivness of any kind in this whirling emotional maelstrom, but an ode to melancholy and bigger-than-life feelings. Powerfully gloomy and dark 'Shadows Over The Cosmos' will prostrated you by its incredible mix of Doom and Bliss. The Howling Void is something like a unique voyage, a masterpiece of mellow Funeral Doom, it’ll make you shiver out of contentment and gratitude.

Majesty is everywhere: in the weeping leads, the drumming, the crushing rhythm guitar, the deep thundering growls, the cristal clear production. Without any big variations, the album flows over dark romantic oceans, like a poet’s tragic dream, to a shadowy magic destination; like a big vessel full of inner hopes and joys, but gleaming of a bitter despair from the outside.

Excessively well controlled keys, not overly present, help sustaining the stucture, bringing it its wide scope. Dramatic without sounding clichй or cheap, the album runs fluent, obvious - altough you can hear the amount of hard work that was been involved in this piece of art.

Shadow over the Cosmos is an expertly crafted piece of Funeral Doom. Mellow yes, but oh-so-beautiful. Maybe overly romantic for some but the strength of the emotions can’t be denied.

Add to that excellence a beautiful artwork, a cristal clear, well-balanced production and you can only salute the artist who give birth to that gem. Just Bravo!

Author: Bertrand Marchal

Review
Atlantis Tales
9/10

И вновь мрачное величие фьюнерал-дума погружает весь мир в таинственное Ничто... THE HOWLING VOID – сравнительно недавний проект некоего R. Впрочем, узнать кто же скрывается под этим инициалом не составляет особого труда: Ryan Wilson – весьма разноплановый музыкант из США, известный по своему участию в агрессивной goregrind команде INTESTINAL DISGORGE и еще ряде проектов, среди которых BITCH HUNTER (также grindcore), THE COLD EARTH, HORDES OF THE MORNING STAR, NORMPETERSON. Новое начинание Райана THE HOWLING VOID – своеобразный переход в диаметрально противоположный угол метал-сцены от ультрабыстрого грайндкора к ультрамедленному фьюнерал-думу. Уже дебютный альбом “Megaliths Of The Abyss”, выпущенный в 2009 году на black/death-ориентированном американском значке Black Plague Records, очень убедительно заявил о THV, как о серьезном и высокопрофессиональном проекте; второй же альбом, “Shadows Over The Cosmos”, упрочнил позиции THV на замогильной сцене... В США подобная музыка представлена небогато – вспоминается лишь несколько имен: RIGOR SARDONICOUS, CATACOMBS (HIEROPHANT), CELESTIAL, TORTURE WHEEL, WRAITH OF THE ROPES, ну и, конечно же, EVOKEN. Большинство из перечисленных команд весьма пренебрежительно относятся к качеству звука, оставаясь в глубоком андеграунде, THE HOWLING VOID же, напротив, обладает мощным и сочным звуком. Кроме того, музыка THV очень мелодична, с огромным влиянием оркестровок – их чуть ли не больше, чем гитарного звука – и это сильно выделяет THV из числа земляков. Здесь скорее уместны сравнения с европейскими представителями жанра: SHAPE OF DESPAIR, COLOSSEUM, COMATOSE VIGIL и стоящим в стороне по причине своей конспиративности проектом EA. Если не растекаться мыслью по древу, подбирая эпитеты о бесконечности космоса и ничтожности человечества в его масштабах, то можно резюмировать так: “Shadows Over The Cosmos” – талантливо сочиненный и качественно записанный мелодичный и мягкий funeral doom metal, создающий правильную и знакомую любому думстеру атмосферу, и звучащий как раз в меру – чуть меньше часа. Диск выполнен с золотым напылением и пит-артом, а на обложке можно увидеть известную картину художника-передвижника Федора Васильева “Оттепель”.

Author: Atlantis

Review
Metallized
7/10

Siete “doomster di razza”?
Se la risposta è “sì” sarà impossibile non giungere, a mezzo web, newsletter, forum specializzati, tra le spire musicali di questo solo-project a stelle e strisce nominato The Howling Void. Da secondo full-lenght, dopo il buon pseudo-funeral di Megaliths Of The Abyss, verrebbe infatti da asserire che, solo per la label che lo promuove -la Solitude Productions- ed il tipo di sound cercato -un doom atmosferico alla Ea, Shape Of Despair, Colosseum et similia-, Shadows Over The Cosmos sia uno di quei prodotti da acquistare a scatola chiusa. Stante però che anche la qualificatissima etichetta russa ha recentemente “forzato” qualche release spacciando quale materiale di culto reperti da cantina neanche tanto underground (The Sullen Route e Mournful Gust ad esempio), che un certo tipo di metal scorrettamente accostato al funeral è oramai divenuto modaiola merce “da banco” e, soprattutto, che la scuola americana è genericamente piuttosto avulsa alle cifre stilistiche in cui il buon Ryan intende cimentarsi -performandosi con maggior successo nell’ultraslow più raw (Evoken su tutti) o nel drone (Sunn O))), Khanate, Methadrone, ecc..)- ritengo sia il caso di stringere il più possibile le maglie della critica in modo da ben interpretare questo nuovo dischetto e fornirvi quanti più elementi utili per la scelta dell’eventuale acquisto.

Va immediatamente sottolineato che, come da copione, il procedere strumentale dei The Howling Void è lentissimo e fortemente condizionato dalle onnipresenti tastiere, strumento (soventemente trattato in multilinea) che si eleva a primo attore in tutte le 5 tracce dell’album e solo sporadicamente coadiuvato dall’intaglio melodico dalla 6 corde che è altresì intesa come semplicissimo e “lontano” mezzo di rifinitura. Gli interventi in single-notes di quest’ultima, rari ma sempre interessanti, sono letteralmente surclassati dalla pienezza restituiva delle keys, costantemente sdoppiate tra partitura primaria (pianoforte) e linea d’accompagno (synth): un maggior bilanciamento con la chitarra (come nella titletrack) avrebbe reso più velenoso e ostile l’amalgama tipo che invece, troppo frequentemente, si affida al solo growling per tenere ben saldo il proprio posizionamento all’interno del mondo metal come molti di voi lo conoscono. A tratti, quando si rinuncia al doppio/triplo strato di sinth, pare di essere alle prese con un depressive doom depurato dalla risacca del guitarism ipercompresso e tonante; altrimenti (praticamente sempre) è la risonanza armonica a spiccare quale elemento guida di questo secondo album.
Nonostante la verbosità verticale, l’esasperata bradiritmia ed il growling chiusissimo e catacombale su cui si insinuano le letali e desolanti lyrics, Shadows Over The Cosmos suona -ad una prima disamina- semplice ed intuitivo. Le cause di questo vero e proprio easy-listening (situazione quasi contraddittoria per una classificazione tanto estrema) sono motivate sia dalle scelte compositive operate dall’eclettico mastermind Ryan (personaggio impegnato in numerosi e differenti progetti underground che vanno dal black al brutal), sia da quelle legate all’aspetto produttivo: da un lato tutti i leitmotiv sono elementari, tremendamente orecchiabili e svolti nel continuum con un’impressionante e disarmante ricorsività che consente di memorizzare in pochi attimi il relativo gironote; dall’altro, tanto le scelte timbriche (programmazioni delle keys, distorsioni delle chitarre, approccio vocale), quanto quelle meramente tecnologiche (mixing, volumi, effettistica applicata), ricalcano schemi ordinari e ben noti a qualunque “doomster di razza”, inevitabile destinatario di questa ennesima release a sfondo misantropico.
Stesso discorso per le movenze metriche, rigorosamente trattenute dal quattro quarti battuto da un drumming in evidente (e ragionato) debito d’ossigeno, per il vocalism, monotòno e appiattito di qualsivoglia dinamica dall’invadente vocoder tuttavia denso ed alienante e per gli arrangiamenti, ben concepiti ma realizzati sulla falsariga dei citati capostipite.

Inutile nascondere che l’originalità non ha casa in questi The Howling Void che però riescono convincermi grazie alla ricercatezza ed alla cura dei particolari: i quasi 60 minuti di run beneficiano infatti di grande godibilità, regalando solchi intensi e tormentosi (The Primordial Gloom, Wanderer Of The Wastes), nella miglior tradizione europea; detto questo il problema di una esagerata ripetitività melodica c’è ed è impattante sul giudizio finale impedendo al sottoscritto di assegnare un valore di spicco. Tutti i tempos sono effettivamente prolissi e ridondanti: Ryan, probabilmente incapace di articolare a dovere il suo songwriting doom-style, cerca di superare la scarsa dinamicità dei brani applicando via via delle piccole variazioni sul tema trainante, ora interpretate attraverso la single notes (tremolo picking di The Primordial Gloom, solismi in genere), ora con l’ausilio di diverse programmazioni del synth, anche combinate e tra loro sovraincise. L’espediente, assolutamente ordinario, è sufficiente a superare con scioltezza i primi ascolti, ma a lunga gittata risulta inefficace impedendo la contrazione della vita utile del platter: le tracce di Shadows Over The Cosmos divengono con il passare degli ascolti troppo simili tra loro (salvo il trasognato interludio The Hidden Sun) e la soddisfazione, nel tempo, va perdendosi.

In poche parole i The Howling Void, il cui valore oggettivo è sicuramente sopramedia, vi stancheranno presumibilmente dopo pochi ascolti. Detto questo, i tanti momenti di commovente tristezza ed angosciosa melanconia fanno di Shadows Over The Cosmos un album su cui trovare appiglio per disperarsi dei propri insuccessi.
Il “doomster di razza”, a cui non mancano mai motivi per rammaricarsi, ce l’ha già nelle orecchie; gli altri ci possono tranquillamente provare, purché abbiano per sul serio qualcosa da commiserare.
E cercate di non mentire. Né a me, né a voi stessi…

Author: Massimiliano Giaresti "Giasse"

Review
Femfogacs Webzine
9.4/10
08.07.2010

„…szószátyár tudatomat ércből alakokba önthetem át, életem neszét eltörölhetem feliratokba, testemet stílusba, az idő lagymatag csigavonalait örökkévalóságba.”
/Jean-Paul Sartre - A szavak/

Az amerikai The Howling Void-ról vagy nagyon sokat írsz vagy rövidre fogod a beszámolód, nos én utóbbi mellett döntök. A formációt Ryan hívta életre Texasban 2007-ben, említett művészünk felelős minden hangszerért, hangért és ritmusért, s mellesleg ilyen-olyan projektekben feltűnik még a neve, melyek közül mindenképpen a legkönnyebben emészthető a The Howling Void, bár a kísérletező kedv itt is megvan, ám nem csap át olyan szintre, mint pl. a Normpeterson vagy az Intestinal Disgorge ős-zaj hullámai esetében.



A hangzás tiszta, a külsőség jól sikerültek, melyekhez az 1800-as évek közepén élt orosz festőművész, bizonyos Fyodor Vasilyev képet használtak fel, mellesleg az említett ecsetbűvész fiatalon hunyt el, élete zaklatott volt és rövid, avagy tökéletesen azt a kiégett és szomorú valóságot mutatja, amit a képei, s persze erről szól a The Howling Void második nagylemeze is. Műfajilag a funeral doom szimfonikusabb, érzelmekkel telibb és mély értelműbb kohéziói lesznek a társunk a hosszú és bugyogó hörgéssel kísért gyászmenetben. A dalok többsége 10 perc feletti, de ezt a műfajtól megszokhattuk már, ahogy azt is, hogy felsorolhatnék egy adag nevet, amely hasonló, csak a legkézenfekvőbbet az EA formációt, amit megint csak a Solitude Productions és társai bocsájtottak a világra. Búskomor herceg délceg lován indul meg az ismeretlen tájba ágyazott látomás felé, mennydörgés és eső követi lépteit, s egy gondolat, hogy bevégezze végre azt, amelyet oly régen kezdett már meg. Élete értelme a megértés és az árnyékoktól való elrugaszkodás utolsó fázisa, némi fénnyel és világossággal álcázva a félelem reszkető malmait… Komor és melankolikus haldoklás ez, melyből ha a hörgést és a néhol túlzó gitárokat kivennénk, akkor pihentető és álmodó zenét kapnánk, amely akár egy drámai vagy elkínzott film végén is hallhatnánk. Az értékelés szubjektív, s úgy gondolom ez esetben olyan pontot adok rá, amin lehet egyesek vitatkozni fognak, de nekem kellemes volt ez az elmerülés…

Author: haragSICK

Review
Metal Mtuk Zine

An hour of symphonic funeral doom from the heartlands of Texas here. This is a one man project from Ryan (no further name given) and he is also behind various other bands such as Hordes Of The Morning Star, Intestinal Disgorge and Normpeterson whom I am guessing are all varied and different affairs from this one. As far as the group name is concerned it is a bit of a misnomer, there is nothing in the way of howling here, only guttural and hoary, low in the mix vocals. Perhaps the Plodding Void would be a better name as there is a lot of that going on here. That is not to say that it is bad at all in fact the melodies that intertwine the five lengthy numbers is rather beautiful even if they are not going anywhere particularly fast.

This could perhaps come with a warning stating that it is not advisable to operate heavy machinery or drive whilst listening to it. I found that out yesterday when giving it an afternoon spin and sparking out during the second number only to wake up a couple of hours later. This is funeral doom though and such minimalist natures are to be expected and the symphonic air of this gives it an almost neo-classical feel, with the keyboards on numbers such as the descriptively entitled ‘The Primordial Gloom,’ casting a shroud clad air of misery over proceedings. It is all very dreamy perhaps with nightmares lurking in its wake and musically this hits all the right places and could well enrapture any lover of bands as diverse as Nortt, Ahab, Evoken and Esoteric.

There is a cold feel to this right down to the artwork on the cover portrait by Fyodor Vasilyev which is presented on a nice card inlay, again in a minimalist fashion. In a way although it feels like a slight cop-out this is one of those releases that I feel should be reviewed in such a fashion too. There are not a million and one things that can be said about this album, it is not hugely diverse and I feel like I have practically said it all already. This is well worth seeking out and is an album I will be both happy to fall asleep and stay awake with again on future listens. In essence ‘Shadows Over The Cosmos’ is a slumbering suicidal symphony which deserves to be experienced.

Author: Pete Woods