Silvered - Six Hours (CD)

doom / dark metal, BadMoodMan Music, BadMoodMan Music
$9.00
Цена в баллах: 900 баллов
BMM. 089-20 x
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Новая работа итальянской группы Silvered сразу же демонстрирует слушателям высокий профессионализм музыкантов и отточенность материала. Оригинальная музыка, на пересечении мелодичного дэта и мелодичного дума, наполнена мощной энергией и подлинными чувствами.
В записи альбома участвовали два специальных гостя, музыканты из известной группы Novembre: Кармело Орландо на вокале и Фабио Фраскини на басу. А над прекрасно оформленным буклетом поработал Даниэль Сера, профессиональный иллюстратор, лауреат британской премии Fantasy, чьи работы выставлялись на различных выставках в США и Европе.

Треклист:
1 Six Hours
2 From A Letter Of Sorrow
3 Ti Faccio Regina
4 Stigma Diaboli
5 Violent Circles
6 When Heaven Turns Into Hell
7 Intempestae Noctis Silentio
8 Swan Song (Part 1)
9 Swan Song (Part 2)

Артист:
Silvered
Страна артиста:
Italy
Год альбома:
2020
Название:
Six Hours
Стиль:
doom / dark metal
Формат:
Compact Disk
Тип:
CD
Упаковка:
Jewel Case
Лейбл:
BadMoodMan Music
Кат. номер:
BMM. 089-20
Год издания:
2020
Штрих-код:
4627080611719
Страна-производитель:
Russia
Review
Heavy Metal Heaven
15.03.2021

“Emotività”: è questo il primo termine che mi viene in mente per descrivere Six Hours dei Silvered. Uscito circa un anno fa, si tratta del secondo full-length per questa band nata a Lecce nel 2007. Di solito, il comeback rappresenta quello della verità per un gruppo: è stato così anche per il gruppo pugliese?
Difficile dirlo, anche perché rispetto all’esordio Grave of Deception, pubblicato quasi dieci anni prima, Six Hours cambia direzione in maniera abbastanza netta. Se all’inizio i Silvered suonavano un mix di death progressivo e doom metal, oggi il focus si è spostato su quest’ultimo con forza. Ma senza troncare del tutto il legame col passato, soprattutto a livello sensazioni evocate.
E così, oggi la band leccese cerca di portare all’interno di un gothic/doom della branca più espansa la lezione emotiva degli Opeth e anche dei Novembre (di cui del resto Giuseppe e Carlo Ferilli, chitarra e batteria rispettivamente, sono membri dal vivo). Lo fa aggiungendo a questa base influssi più estremi, spesso orientati a un black circolare oppure alla potenza del dark metal. Ma in Six Hours non mancano venature death o prog, le origini dei Silvered che ritornano. Il tutto inteso in un senso espanso all’estremo, spesso quasi atmosferico, grazie anche a influssi post-rock che a volte sforano nel metal.

Si tratta di uno stile forse non originalissimo: a tratti anzi le ispirazioni dei pugliesi sono chiare. Ma ciò pesa solo di rado in senso negativo: di norma, la musica del gruppo ha un’ottima capacità di evocare emozioni. Emozioni spesso calde, accoglienti, seppur a tratti non manchino freddezza, oscurità e rabbia: da questo punto di vista, Six Hours è piuttosto variegato, e nella giusta maniera. Difficile da penetrare – o almeno, difficile sincronizzarsi con la sua complessità –, se ci riesci però scopri un bel caleidoscopio di sentimenti.
Anche a livello di songwriting tuttavia i Silvered sanno bene il fatto proprio: gran parte dei riff è valido, per non parlare delle loro valide melodie. Aiutano l’anima espansa del gruppo e quasi mai sono d’intralcio. Per della musica che, in generale, è ben realizzata in ognuna delle sue tante sfaccettature. Almeno di solito.
Sì, perché Six Hours un difetto importante ce l’ha: la lunghezza. I sessantasei minuti (forse legati in modo “numerologico” col titolo) appaiono eccessivi, e fanno sì che a tratti i Silvered si perdano. Colpa della prolissità di certi frangenti e soprattutto di un livello qualitativo che non riesce a mantenersi alto lungo tutto il disco. Il risultato è un album ondivago: alcune canzoni sono ispirate ed eccezionali, altre invece si rivelano meno soddisfacenti. E, in generale, l’idea che deriva dal complesso è che forse si poteva limare qua e là e togliere qualcosa: di sicuro, il disco ne avrebbe beneficiato. Seppur anche così i Silvered risultino validi: dovranno ancora abituarsi al cento percento al nuovo genere, ma già ora lo padroneggiano bene!

Le danze cominciano da Six Hours, lungo intro abbastanza tipico. Inizia con un pianoforte cupo sul classico effetto da pioggia per poi ospitare su questa stessa base la chitarra pulita. Il tutto per due minuti leggeri, malinconici, desolati: una buona introduzione, prima che From a Letter of Sorrow riprenda la stessa melodia con la chitarra distorta.
È un attacco di gran pathos, lento e doom, per un pezzo che poi però si evolve verso lidi più animati. Tra il growl di Daniele Rini (che ho già avuto modo di apprezzare nei Coil Commemorate Enslave) e una base musicale che oscilla tra il black più melodico e armonie gothic, si tratta di un momento graffiante, pur evocando una forte infelicità. Si alterna con lunghi tratti più cupi, doom con a volte influssi death e groove, a volte più espanso e con un tocco persino “post”, a volte più diretto. Ma anche qui, gli ottimi fraseggi delle chitarre di Ferilli e Lorenzo Valentino danno un tocco di profondità all’ombra del gruppo.
In ogni caso, col tempo l’anima più espansa lo diventa ancora di più. Si sente già al centro, quasi solenne, ma nella seconda parte della canzone prende il sopravvento, in una lunga frazione espansa. Tra chitarre pulite e altre distorte ma lontane, eteree, si crea un panorama mogio e in principio intimista. Ma col tempo, la rotta devia verso una freddezza arcigna, quasi cosmica.
È la stessa divisione che poi si perpetra anche nel finale: a una prima parte che si riapre verso la melodia, quasi drammatica, ne segue una invece nera come la notte. Al suo interno, l’anima black già presente in precedenza si accentua: il risultato è feroce e rabbioso, seppur non del tutto scevro di melodia. È quest’ultima a rendere il tutto incisivo: un gran finale per una traccia ottima, che apre il disco a dovere!

Con Ti Faccio Regina, la band pugliese si vota a un maggiore dinamismo. Un breve intro espanso, poi la musica esplode improvvisa in un’offensiva minacciosa che ricorda anche più del resto la già citata band di Mikael Åkerfeldt. Ma in una chiave più votata al black e al doom che al death: al primo appartengono le dissonanze e il riffage graffiante del Ferilli chitarrista e di Valentino, al secondo suoni lugubri e certe melodie. Ricordano addirittura i My Dying Bride a tratti, per la loro essenza cupa eppure profonda.
In tutto ciò, trovano spazio anche dei tratti docili, seppur spesso la questione sia più diretta e possente. Grazie anche al growl di Rini, simili passaggi risultano aggressivi e incidono a dovere. Ottimo anche il momento, poco prima di metà in cui le due anime si fondono in un equilibrio valido.
È una cavalcata che va avanti per diversi minuti, fin quasi al centro del brano, quando i Silvered sterzano verso il lato più dolce di Six Hours. Ci ritroviamo allora in un ambiente ansioso e triste, con un tocco sinistro però ben unito alla melodia. Melodia che prende in fretta il sopravvento: seppur la malinconia rimanga, diventa più intimista e persino dolce.
Raggiunto un apice morbido, la musica comincia poi a risalire, con la voce del cantante come guida. In principio la delicatezza domina ancora, ma man mano la musica si indurisce e si fa più cupa. È tuttavia solo un momento: presto arriva in scena una nuova apertura, ancor più liberatoria. Con una tastiera – o forse è una chitarra iperdistorta in stile post-metal – a disegnare qualcosa di persino soave, è uno dei momenti più epici del pezzo e del disco in generale. Anche il resto non scherza, però, compreso il finale che torna verso un piglio sinistro. Un altro elemento valido per una traccia davvero stupenda, uno dei picchi del disco!

A questo punto, i Silvered donano a Six Hours una pausa con Stigma Diaboli, pezzo a metà tra una ballad e un interludio espanso. Si avvia con una chitarra echeggiata, che continuerà poi a lunga, a cui si sovrappone una base leggera, fatta di chitarre acustica e della voce di Rini, in questo caso pulita e nostalgica.
A parte qualche variazione di melodia e l’ingresso, al centro, di lievi cori, non ci sono grandi variazioni in una norma però sempre avvolgente e godibile. Certo, forse non sarà un episodio così significativo, anche visti i soli quattro minuti e mezzo di durata del disco. In compenso però si rivela sempre godibile!
È però un’altra storia con Violent Circle: si presenta ancora più lieve col suo pianoforte iniziale, a cui segue un momento altrettanto morbido, solo voce e chitarra. Poi però il gruppo comincia a macinare con forza: è uno dei momenti più death metal del disco, seppur presto si evolva in una direzione black. È la prima di una serie di escalation notevoli: alcune sono belli pesanti, altri invece ricordano il gothic metal estremo dei Novembre, col loro dinamismo e le melodie tipiche. Una sensazione aumentata da Carmelo Orlando, che a tratti appare come ospite di lusso a duettare con Rini.
C’è però anche ampio spazio per stacchi che tornano verso la dolcezza: anch’essi sono abbastanza variegati a modo loro. Alcuni sono docili e con giusto un filo di malinconia, altri invece ricordano ancor più da vicino che altrove la nostalgia della già citata band romana. Band richiamata anche da certe fasi a metà tra i due mondi, come quella centrale: cantata in italiano, aggiunge una bella suggestione al pezzo.
Il momento migliore è però la lunga fase sulla trequarti, espansa alla maniera delle ballad degli Opeth. Ma anche la chiusura, che esplode per poi tornare a qualcosa di più preoccupato e spegnersi in un florilegio di melodie non è male. In generale, abbiamo un brano dispersivo a tratti e anche un filo derivativo, ma che a dispetto di tutto rimane valido. E, di conseguenza, più che degno di un album come Six Hours!

When Heaven Turns into Hell attacca con un riff eccellente da parte di Valentino e Ferilli. A metà tra black, doom e dark metal, risulta subito evocativo, e anche quando viene accompagnato dal growl e dalla sezione ritmica le suggestioni non passano. Merito anche del tempo lento tenuto dall’altro Ferilli, che dà al tutto una certa solennità, un punto di forza in più a questa norma.
All’inizio inoltre la struttura è molto semplice: la falsariga iniziale si alterna con fasi più lente e delicate. Il riffage è doom, ma il resto è calmo, con la voce pulita di Rini e melodie di pianoforte e di chitarra pulita alle spalle. Proprio questa è la norma che, prima di metà, prende il sopravvento e comincia a evolversi. Passaggi anche più melodiosi si alternano allora con altri più duri, che a tratti però contengono melodie da puro gothic a mitigarle. Altrove invece il riffage è anche più teso: rimane sempre nello stesso genere, ma spesso in accoppiata con un ritorno delle influenze death dei pugliesi. E con qualche toccata più acida, di carattere black, il complesso forma una lenta ma costante discesa nell’abisso – come anche il titolo suggerisce.
Questa evoluzione però non dura fino alla fine. Sulla trequarti, d’improvviso la cappa si apre quando il ritmo viene quasi meno, come anche la pesantezza. Ci ritroviamo allora in un lentissimo panorama, oppresso e di malinconia lacerante. Tra il cantante in pulito e la base, che rimane su gothic e doom, colpisce al cuore dall’inizio fino a quando, dopo una sezione ossessiva ma mai noiosa, si spegne in un outro con cori e un pianoforte registrato in maniera volutamente “antica”. Rappresenta, insomma, il perfetto sigillo su una canzone eccezionale, il picco di Six Hours insieme a Ti Faccio Regina!

Con Intempestae Noctis Silentio, i Silvered sembrano tornare su lidi da ballad. E per lunghi tratti non è molto lontano dalla verità: il panorama è lento, notturno, persino sereno nonostante la lieve malinconia. La evocano bene le chitarre pulite sotto alla voce pulita, che scambia momenti un pelo più calmi e altri giusto di poco più densi, con persino un accenno di mellotron. Che richiama alla mente non solo gli Opeth migliori, ma anche l’oscuro progressive rock a cui gli svedesi si sono sempre ispirati.
È una suggestione che rimane in scena anche quando la linea musicale vira di nuovo verso il metal. Melodioso e intenso nonostante l’aggressività che evoca Rini, è anche abbastanza scomposto, ed evoca un pathos che ricorda con ancora più forza che in precedenza i Novembre. Il che a tratti, però, stona, e non solo perché dall’ispirazione si passa in certi frangenti quasi alla citazione. Soprattutto, sembra quasi che per omaggiare la band romana i pugliesi abbiano lasciato da parte il loro lato più doom, per abbracciarne uno prog/gothic metal. Il che in questo caso stona un po’ con le intenzioni del resto del disco.
Molto meglio va, invece, quando la seconda metà vira su qualcosa di ancora ritmato e dal vago accenno progressive, ma che recupera la dimensione oscura sentita in precedenza. Si sprigiona allora un labirinto cupo, spaventoso, che avanza qualche minuto, prima di lasciarsi alle spalle una coda stanca, desolata, decadente. Avvolge molto bene e porta alla fine un episodio non grandioso. Non è malaccio di suo, neppure nei momenti più derivativi, ma rimane comunque il punto più basso del disco. Seppur il livello sia almeno buono!

Swan Song (part 1) si attacca all’outro del precedente per il breve preludio ambient. È la base da cui sorge la traccia vera e propria: all’inizio è molto calma, col cantante dei pugliesi su una base molto post-rock. Mentre il metal entra davvero nel vivo dopo quasi un minuto e mezzo.
Anche in questo caso, però, la melodia domina. Ci ritroviamo in un gothic estremo ancora con venature prog: ricorda sempre la band di Carmelo Orlando, ma stavolta in maniera impostata meglio. Lo si sente se non altro nella progressione, che ci porta da toni soltanto intensi, sentiti e caldi a qualcosa di più oscuro.
Nel suo sviluppo, come interruzione c’è spazio giusto per frazione delicata che ricorda a tratti di nuovo gli Opeth, anche per il vago senso strisciante che si respira a tratti. Per il resto, la musica procede dritta verso lidi oscuri, fino a sfociare in un finale drammatico, vorticoso in principio. Ma poi l’anima gothic dei Silvered torna in una chiusura di disperazione tenera, calda. È la perfetta chiusura di un pezzo solido e ottimo, forse non all’altezza del meglio di Six Hours ma ottimo come suo ultimo pezzo effettivo.
Sì, perché Swan Song (part 2) non è altro che un outro espanso. Forse fin troppo: tutto strumentale, non è altro che una lunga serie di fraseggi di chitarra pulita post-rock con una base fatta di tastiere e al massimo il basso di un altro ospite dai Novembre come Fabio Fraschini. Spesso suggestivo, dura però pur sempre quasi otto minuti, una durata che pesa parecchio.
Qualche buon momento c’è: spicca per esempio quello nel finale, il più movimentato col ritmo di Carlo Ferilli, ma senza accelerare. C’è giusto un vago accenno black in sottofondo, ma niente di che: in generale la musica è in linea col resto del pezzo, seppur la sua atmosfera quasi solenne incida anche di più. Il complesso non è malaccio: non c’è neppure un momento di vera noia, al suo interno: il problema che pesa è solo la prolissità. Nonostante la piacevolezza, insomma, abbiamo un episodio solo piacevole e discreto, ma che forse allunga troppo il brodo del disco. Qualcosa di più ridotto sarebbe stato meglio!

Alla fine dei giochi, Six Hours non è un album perfetto, e forse era quasi inevitabile: quando c’è così tanta carne al fuoco è difficile che non ci sia qualcosa di “meno cotto”. Ma ciò non significa che non sia valido: nonostante la lunghezza eccessiva, il risultato finale è lo stesso buonissimo, ispirato e con qualche zampata eccelsa. Per questo, se ti piacciono i generi che i Silvered mescolano, ti consiglio di farci anche più di un pensierino. Ma solo se sei disposto a impiegare il tempo sufficiente a entrare nella loro particolare emotività!
Review
Diario de un Metalhead
11.02.2021

SILVERED son una banda intaliana de Gothic Death Doom que nos llega a través del sello ruso BadMoodMan Music. “Six Hours” es el segundo disco de los transalpinos.

"Six Hours" el corte que da título al álbum, es la introducción que abre este trabajo de más de una hora de duración tirando de guitarras limpias.

Si eres amante del sonido de grupos como Swallow The Sun o My Dying Bride estás de suerte, a la fuerza te tienen que gustar. Impresionante el trabajo a las voces de Daniele Rini, combinando limpias y guturales. Dentro de un mismo tema te meten intensidad y partes más tranquilas, lo cual hace el disco ameno.

Hay momentos realmente especiales. “Stigma Diaboli” corre en acústico. "Violent Circles" se va más allá de los doce minutos aunque se pase volada tirando de diferentes recursos con un pequeño toque gótico, con voces limpias, acústicas, etc. Es cuando te dices dónde coño han estado metidos, pues estuvieron ocho años fuera de la escena. "When Heaven Turn into Hell" es una auténtica maravilla. Potente, melódica, completa. Una fantástica forma de decir "así somos" en una sola canción. La mejor muestra de lo que la banda puede ofrecer. Melodía, intensidad, luz y oscuridad. Voces limpias y gruñidos y gritos venidos del mismo infierno. Grandiosa.

Se cierra el disco con “Swan Song” partes I y II. La primera comienza limpia para volverse en una oscura avalancha. La segunda es una instrumental que cierra el disco tirando de orquestación y ofreciendo un fantástico final.

La ilustración de la portada es de Daniele Serra.

Author: Larry Runner
Review
All Around Metal
4/5
07.11.2020

I Silvered sono la nuova dark metal sensation tutta italiana, anzi, pugliese; difatti i nostri quattro prog-death metallers provengono da Lecce, dove si sono formati nel 2007. Proprio in quell’anno hanno esordito con il singolo “Through the Pain (Acoustic Version)”, seguito dal live album “The Unplugged Night Live” datato 2008; quindi il demo “Dying Light”, sempre nel 2008 e l’ulteriore singolo “Another Leaf Comes Down (Acoustic Reprise)” forgiato nel 2009. Finalmente, nel 2011, il primo full-length “Grave of Deception”, al quale ha fatto seguito l’attuale “Six Hours”. Un album molto interessante, ricco di spunti e soluzioni molto interessanti, aventi come comune denominatore una malinconia ed un pessimismo estremamente palpabili, probabilmente ispirati dalle atmosfere dalla città barocca del Sud per eccellenza. In primis, non ho mai ascoltato una tale varietà sulle vocals, che vanno dal pulito al growl allo scream senza perdere minimamente in intensità ed efficacia. I testi sono ispirati a storie (malate) conceptual dark fantasy/horror intrecciate con elementi storici. Il sound, come detto, è permeato di atmosfere decadenti e malinconiche, a volte sfocianti in palese tristezza e pessimismo, con venature dark molto raffinate e ricercate tanto care a certa dark wave anni ‘80. Non c’è che dire, un ensemble molto ben assortito che ha dato alla luce (…?!) un’opera variegata ed oscura, degna di essere annoverata tra le più significative del genere (davvero di nicchia… mortuaria...) insieme a Opeth e Novembre senza minimamente sfigurare. Altamente consigliato per allegri party cimiteriali!

Author: MASSIMO GIANGREGORIO
Review
Metal Wave
8/10
11.10.2020

Il dark doom metal interpretato dai Silvered in questo disco intitolato “Six Hours”, ha decisamente dell’incredibile sia in tema di compiutezza che soprattutto in tema di coinvolgimento. In sostanza, a rendere molto oscuro il tutto è il profondo senso che le melodie adottate dal combo riescono a trasmettere, un senso di tristezza, quasi funerea, che avvolge il tutto dal primo all’ultimo brano. L’ottima simbiosi delle chitarre e immancabilmente del synth, rendono un incredibile spettacolo tra ambientazioni e momenti di maggiore intensità offerti da andature cariche di distorti e cantate tra scream e growl. Insomma la potenza c’è e viene fuori sin da subito a cominciare da “From The Letter Of Sorrow”, primo effettivo brano se si tralasciano i due minuti di intro, un brano intenso oscuro melodico e immancabilmente ricco di pathos. Molto diretta invece l’apertura riservata da “Ti Faccio Regina”, in cui un’andatura moderata viene inebriata ancora una volta da un gioco di note prelibato e adatto al meglio alla compagine del dark; l’ascolto prosegue la sua marcia attraverso “Stigma Diaboli” brano toccante, dall’apertura acustica e cantato con in inedito clean, e dal lungo “Violent Circle”, di oltre dodici minuti di ascolto nuovamente offerti tra apertura triste e malinconica in synth, chitarra acustica e un clean particolarmente espressivo che funge in sostanza al successivo scatenarsi di induzioni elettriche e un growl nuovamente misto a clean che si alternano per tutta la durata del brano attraverso momenti nuovamente privi di distorti. Dall’andatura doom è invece “When Heaven Turns Into Hell” la cui portata offre una nuova emozionante interpretazione della band tra moderazione, oscurità, e scenari che vanno oltre alla più lugubre fantasia; quasi una ballad è invece “Intempestae Noctis Silentio” brano che anticipa la doppia conclusiva “Swang Song 1 e 2”. Un appagante che non tarderà ad emozionare gli appassionati di generi oscuri e malinconici.

Author: Wolverine
Review
Metal Temple
9/10
20.04.2020

SILIVERED is an Italian Gothic Death/Doom band. “Six hours” is their second full length album—they also have a live album and a demo. At nine tracks with a run time of over an hour, there is quite a bit of meat and bone to this album. Fortunately, it is worth the time to dedicate to. Simply put, I am floored by how good this album is.

The title track “Six Hours” is a nice little intro with clean guitars and the ambient noise of rain. It flows nicely to the next track,"From A Letter of Sorrow." Melodic Lead guitar dances over a crushing riff. The clean vocals are buried too far under the mix but production quibbles aside, the vocals are very well done and remind me of Aaron’s vocals from MY DYING BRIDE.

The death growls are menacing but not overly deep so they are intelligible despite being razor sharp. The song hits pretty damn heard until around the 6:15 mark when it goes melodic. But forceful drumming and monolithic bass keep the intensity going even while the melodies are enjoyable. Honestly, this first track really gave me SWALLOW THE SUN vibes which is a good thing to give the impression of, of course. “Stigma Diaboli” is a more mellow, acoustic track but its darkness makes it just as stark as the metal ones. The bass is the standout here, such a strong dense presence that holds it all together. If you like "This Cut is the Deepest" from SWALLOW THE SUN, then you'll love this song.

The centerpiece of the album is the twelve-minute epic "Violent Circles." Clean keys begin the sorrowful journey and are soon joined by clean vocals and acoustic guitar. The vocalist's singing voice is very clear and powerful but with a somewhat soft edge to it that really nails the Gothic embrace. The song explodes in a fury of death growls/screams and hammer heavy riffs. The temp continues to pick up as the song grows more and more urgent, especially in the drums which get played with heated fervor.

The last two tracks, “Swan Song” Parts 1 and 2, give this release one of the best endings I've heard on an album this year. The first part has an ominous beginning that is swept away by those stunning cleans and beautiful clean instrumentation. The song turns hellish with a destructive rhythm and high noticed death/blackened screams.

The second part is a moving instrumental that caps off this incredible journey. The hour-long session was worth the effort and this final act is our reward. It’s a well composed song with sweeping orchestration, piano, and keys that highlight all of it exceptionally well. 2019 was an amazing year for Doom but albums like this might just end up making 2020 an even better year. If you like MY DYING BRIDE, SWALLOW THE SUN, and KATATONIA you need to stop reading this and purchase the album immediately.

Songwriting: 9
Musicianship: 9
Memorability: 9
Production: 9

Author: Justin "Witty City' Wittenmeier
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