HellLight - No God Above, No Devil Below (CD)

death doom metal, Solitude Productions, Solitude Productions
533.33 Р
Цена в баллах: 800 баллов
SP. 075-13 xn
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Четвёртый номерной полноформатный альбом команды HellLight, зарекомендовавшей себя, как одной из самых интересных и самобытных групп Бразилии. В течение многих лет студийной и концертной работы музыканты выработали свой собственный, неповторимый саунд и стиль, идя от классического funeral doom metal, через doom death metal к traditional doom metal! Именно в смешении последних двух стилей и выполнен альбом «No God Above, No Devil Below», делая его привлекательным не только для старых поклонников группы, которые откроют HellLight с новой стороны, но и для ценителей doom-музыки в духе Tristitia и позднего творчества норвежцев Funeral. Музыка HellLight всё также эпична и наполнена трагическими чувствами, подчёркнутыми скорбным чистым вокалом, атмосферными клавишами и пронзительными партиями соло-гитары.

Треклист:
1 Intro
2 No God Above, No Devil Below
3 Shades Of Black
4 Unsacred
5 Legacy Of Soul
6 Path Of Sorrow
7 Beneath The Lies
8 The Ordinary Eyes

Артист:
HellLight
Страна артиста:
Brazil
Год альбома:
2013
Название:
No God Above, No Devil Below
Стиль:
death doom metal
Формат:
Compact Disk
Тип:
CD
Упаковка:
Jewel Case
Лейбл:
Solitude Productions
Кат. номер:
SP. 075-13
Год издания:
2013
Штрих-код:
4 627080 610361
Страна-производитель:
Russia
Review
Iye Zine
7.7/10
29.07.2013

Ho amato da subito la musica degli HellLight, fin da quel “Funeral Doom” (titolo programmatico anche se per certi versi fuorviante), secondo full-length nel quale, pur tra diverse imperfezioni, la band paulista mostrava un potenziale melodico ed evocativo in grado di esplodere da un momento all’altro. Il successivo “...And Then, The Light Of Consciousness Became Hell...” aveva confermato quelle impressioni, rafforzate da un evidente progresso dal punto di vista della tecnica strumentale e della produzione. Tutto ciò faceva pensare che il quarto album sarebbe potuto essere quello della definitiva consacrazione ma, pur essendo stato compiuto un ulteriore passo avanti, non è andata proprio così, perché quei piccoli difetti strutturali che gli HellLight si trascinano dietro fin dagli esordi non sono ancora del tutto scomparsi. Intendiamoci, No God Above, No Devil Below, è un bellissimo disco, straconsigliato a chi apprezza il doom nella sua versione più melodica, malinconica ed accessibile, ma l’impressione che resta, al termine di questi quasi 80 minuti di musica, è quella di una band che non è ancora riuscita a compiere il passo decisivo per raggiungere un livello prossimo a quello dei Saturnus, tanto per restare nel medesimo ambito stilistico, anche se mi rendo conto che non stiamo parlando di un qualcosa alla portata di tutti. Pregi e difetti della band guidata dal chitarrista e cantante Fabio De Paula sono essenzialmente racchiusi negli oltre venti minuti complessivi della title-track e della successiva Shades Of Black: uno spiccato senso melodico al servizio di meste partiture tastieristiche, l’alternanza tra un profondo growl ed una stentorea voce pulita, ritmiche pachidermiche e assoli di chitarra di stampo classico nonché di eccellente gusto e fattura. Sfido chiunque sia dotato di un minimo di sensibilità a non commuoversi ascoltando l’incipit di Shades Of Black, il tipico brano che da solo vale un intero disco, peccato che la scelta di un suono di batteria troppo secco (tale da sembrare quasi una drum-machine) e, soprattutto, il ciclico ricorso a una voce pulita che è rimasta quella stridula e un po’ incerta già esibita ai tempi di “Funeral Doom”, costringano la band paulista a restare un gradino al di sotto dell’eccellenza assoluta. Perché, diciamocela tutta, ogni volta che Fabio De Paula decide di prodursi nelle sue evoluzioni chitarristiche riesce a regalare momenti realmente indimenticabili, e questo è sicuramente un significativo punto di contatto con i Saturnus; ma, mentre in questi ultimi Thomas Jensen si limita saggiamente ad esibire, oltre al proprio profondo growl, soltanto alcune parti recitate, negli HellLight l’uso delle clean vocals appare forzato se non addirittura superfluo, visto che già la sola struttura compositiva dei brani contribuisce a creare emozioni in abbondanza. Il resto dell’album segue di norma uno schema consolidato, con brani contraddistinti da una lunga e più pacata parte introduttiva che sfocia in un finale nel quale si erge a protagonista la sei corde del leader , fatta eccezione per Path Of Sorrow, con la sua struttura di stampo autenticamente funeral; tutto ciò rischia talvolta di appesantire l’ascolto di No God Above, No Devil Below, anche se per chi apprezza il genere la cosa si rivelerà un piacevole sacrificio. Forse sono stato eccessivamente critico nei confronti degli HellLight, e ciò che mi ha trasmesso davvero questo loro ultimo lavoro lo mostra chiaramente il voto piuttosto elevato assegnatogli; purtroppo, però, in un’ottica di ricerca del meglio, non si può sorvolare su quei particolari che, per ora, impediscono il definitivo decollo ad una band capace di creare con una simile naturalezza melodie talmente coinvolgenti. Ma, si sa, a volte il troppo amore rende le persone particolarmente esigenti …

Author: Stefano Cavanna
Review
Kaosguards

Les précédentes œuvres des brésiliens de HELLLIGHT m’avaient amplement convaincu, regorgeant d’un Doom Death certes classique mais parfaitement maîtrisé, rehaussé des mélodies hantées saisissantes et porté par un sens réel de la dramaturgie.

La monumentale introduction instrumentale et orchestrale installe d’entrée de jeu les éléments clés dans le dispositif du groupe. Prenant la suite, le morceau éponyme confirme qu’on ne déviera pas d’un Doom Death extrêmement sombre, pesant et lent, dont les seules stries lumineuses sont de poussiéreuses percées assurées par les claviers ou les parties de chant clair. Ces dernières posent par ailleurs problème car les lignes de chant sont par trop fragiles et vacillantes pour sonner de manière convaincante ; l’envie de varier le propos est certes louable mais autant s’assurer de la solidité des moyens mis en œuvre pour y parvenir.

D’autant que la remarque sur le chant clair vaut pour la suite de l’album. Heureusement, les compositions sont fortes, mettant peut-être davantage l’accent sur des ambiances gothiques, avec une mise en son légèrement plus aérée. Le groupe ne verse jamais franchement dans le Funeral Doom, même dans les instants les plus lourds, répétitifs et sévères. C’est d’ailleurs tout l’art et l’intérêt de HELLLIGHT de développer des cousinages avec le Funeral Doom et avec le Doom gothique, sans jamais tout à fait s’y résumer.

On saluera tout particulièrement sur cet album la qualité des solos de guitare, avant tout axés sur la mélodie et l’émotion ; à plusieurs reprises, ils illuminent les compositions (écoutez le final de « Unsacred » ou celui de « Legacy Of Soul »). Ces solos confirment la paisible mais notable évolution dans la continuité en cours chez HELLLIGHT, évolution dont on saura définitivement si elle est une réussite au prochain album.

Author: Alain Lavanne
Review
The Pit of the Damned
7.5/10
07.10.2013

HellLight atto terzo (per il sottoscritto), dopo le precedenti brillanti recensioni di “...and Then, the Light of Consciousness Became Hell...” e “Funeral Doom” anche se “No God Above, No Deilv Below” rappresenta in realtà la quarta release della band paulista. Da sempre fautrice di un sound claustrofobico all’insegna del funeral doom, il quartetto di San Paolo sfodera l’ennesima eccellente prova, nonostante le proibitive durate a cui, da sempre, ci sottopongono i nostri. L’album, che contiene sette tracce più un intro, affida i suoi umori subitamente alla lunga title track. La song ci lavora ai fianchi con il suo ritmo lento e ossessivo, in cui a trasudare è un profondo senso di cupa desolazione. Accanto ad una discreta robustezza delle chitarre, direi che è il lavoro alle tastiere di Rafael Sade a svolgere un ruolo di massima rilevanza. Di spessore poi la performance vocale di Fabio de Paula, sia nella veste tipicamente growl, che in quella pulita. Sottolineerei di questa traccia anche la sezione solista, in cui è sempre il buon Fabio a mettersi in luce, con una prova magistrale, quasi da famigerato top player calcistico. “Shades of Black”, cosi come pure le seguenti tracce, danno ampio spazio alla componente musicale, continuando quell’opera di ammorbamento che avevo già identificato nei precedenti lavori. Rispetto al passato, un più ampio spazio viene lasciato alle clean vocals che donano maggiore epicità al lavoro, soprattutto in rare ariose aperture, in cui il buon Fabio si lancia in cantati a squarciagola. Non ci sono sostanziali mutamenti rispetto ai precedenti lavori, il che certo non guasta, ma alla lunga rischia di stancare, se non siete proprio dei grandi fan del genere. “Unsacred” apre con un bel muro chitarristico sorretto da toccanti note di tastiera, e poi il nichilistico vocione del vocalist ci accompagna nella recondita oscurità delle tenebre. Le atmosfere si fanno ancora più rarefatte e deprimenti; un break ambient e poi un bellissimo assolo di chitarra fende le nostre teste. In “Legacy of Soul” il cantato si fa quasi sussurrato su una porzione musicale piuttosto minimalista, anche se dopo un paio di minuti l'act brasileiro rialza la testa, aggravando i toni e la componente emozionale della loro proposta. “Path Of Sorrow” è un’altra bella mazzata di puro pessimismo cosmico senza soluzione di continuità: un po’ Skepticism, Thergothon ed Esoteric, questa song incarna appieno lo spirito noir della band brasiliana. Chiudono il disco i 23 minuti del duo formato da “Beneath the Lies” e “The Ordinary Days” che ci annichiliscono definitivamente con le loro opprimenti melodie. Ancora una buona prova da parte del quartetto sud americano che da quasi vent’anni contribuisce a caricare di solitudine i nostri ascolti. Riconferma.

Author: Francesco Scarci
Review
Femforgacs
9/10
01.08.2013

A metal világban 3 útirány van: nagyot robbantani a karrier elején és utána nyomni a reset gombot, vagy eleve csak füstölögni és eltűnni a feledés homályában. A harmadik út talán a legnehezebb és a kedvencem is egyben: a lassú fejlődés, érlelődés útja, ahol a végeredmény egy profi, kikezdhetetlen produkció. Ha mindeközben a műanyagosodás is elkerüli az adott bandát, akkor már dörzsölheti a markát a fémhúrok rezdüléseire oly érzékeny közönség.


Ezt az utat választotta nézetem szerint a Sao Paolo-i HellLight négyes fogata, melynek több, mint két órás pakkja még az első írásaim között szerepelt alanyként, mit ne mondjak, rendesen próbára téve a türelmemet. Nem kapott rossz értékelést a lemez, azóta is néha-néha bekívánkozik a lejátszóba. A zenekar háza táján nem változott sok minden, gondolok arra, hogy új kiadványukon sem számolták túlzottan a perceket, gondolva, ha bejön, úgyis meghallgatja a nagyérdemű. A lemezre visszatért az eredeti, eddig csak az első lemezen játszó Rafael Sade billentyűs is, de az alaphang és az irány természetesen ugyanaz maradt. A brazil fiúk a Solitude sírásó társulatába kívánkoztak, ami összejött nekik és most bőszen lapátolják a hantot a nyári melegben megaszalódott, limonádétúladagolásban elkárhozott testemre, kifejezetten élvezetes módon. Az irány marad a funeral/death doom metal, de ezen kívül rengeteg jelzővel lehetne még illetni ezt a zenei világot. Az általában nyers, Evoken közeli szárazságba /de komolyan, ők drótkefével simogatják a lelket/ burkolt műfajt érzelmekkel töltötték meg, amúgy újkori Ahab módra, beton riffek helyett inkább az epikus, emelkedett témák jellemzőek és az eddiginél többet szerepel a rendkívül érzelemgazdag tiszta énekhang is. Sok kellemes percet kínálnak a funeral közegbe illesztett, nagyon igényes gitárszólók, amik a Pink Floyd szerű elszállásoktól az egészen gyors tekerésekig képesek izgalmat hozni a zenébe. Sokszor a monoton menetelések alatt csak ezek tartják bennünk a lelket és mivel kilógnak a háttérből, teljes mértékben befogadhatóak és átélhetőek. A billentyűszőnyeg már kevésbé ötletes, de megfelelő nyomást tudnak kiváltani mellkas tájékon, a könnyedebb, de bánatos zongora pedig sokat hozzátesz a hangulathoz.
Ez a zenekar 4. teljes hosszúságú anyaga, amivel az én éves funeral doom listámról csak gyermeteg hibáik miatt fognak esetleg lecsúszni, ha akad vetélytárs. Az első hiba természetesen az idő. A remekül kivitelezetett, szuperdallamos, könnyfakasztó refrének és a karcosabb hörgések közötti időből lehetett volna faragni pár percet, sőt, az utolsó dal olyan mértékben vesz el a lemez értékéből a maga 14 percével, hogy egy az egyben kihagytam volna, még nélküle is órás játékidő felett lenne a lemez... Monotonitásra érzékenyek szemébe méretes karót szúrhat a dalok szerkezetének hasonlósága, a lemez folyamatossága. Nincsenek komolyabb ívek, csúcspontok, így esett meg, hogy a remek dalok közül végül a kis mértékben eltérő Legacy Of Soul lett a kedvencem. Komolyan, hidegrázós dallamokat csalt most Fabio de Paula a hangszálaiba, de a keményebb részeknél meg felpuhult. A gyomortájékról felbuggyanó, visszhangzó hörgést inkább a Saturnushoz hasonló, lágyabb kiadás váltotta fel, aminek folyamán csökken a kontraszt menny és pokol között, rontva az összképet. A legnagyobb és legfájóbb seb, melyen lassan bugyogva elvérzik ez a búbánatos kiadvány, az a hangzás. Amit most a Solitude elkövetett, az nem igazán díjnyertes. Nem a legfrappánsabb kifejezés, de ennél világosabban nem lehet kifejezni: a lemezt kiherélték. A dob élettelenül puffog, akár gép is lehetne, az egyébként remek gitártémák pedig teljesen életlenül, erőtlenül szólnak a lemez nagy részén.
Mindezek ellenére mostantól érzem, hogy oda kell rájuk figyelni, mert ha marad ez a fokozatos fejlődés, akkor már a következő albummal is nagyot alkothatnak. Más zenekarokhoz képest erősnek érzem a 9 pontot, de önmagukhoz mérten bőven megérdemelt. A lemezt nem csak a funeral doom rajongóknak tudom ajánlani epikus hangulata miatt, hanem bármely fémszívűnek, aki egy ilyen gyönyörűség segítségével akar hűsölni egy besötétített szobában. Itt meghallgathatjátok a címadót, a teljes lemez pedig elérhető a zenekar bandcamp oldalán.

Author: boymester
Review
Lords of Metal
8.9/10

Het album ...And Then, The Light Of Consciousness Became Hell maakte al een enorme indruk op mij. De reissue van het oudere werk op de compilatie Funeral Doom vond ik wat minder, maar nu is er weer een volledig nieuw album van deze Brazilianen. No God Above, No Devil Below is wat mij betreft weer een kraker van jewelste. Zeven lange songs (gemiddeld rond de tien minuten) en een intro. HellLight maakt funeral doom, maar wel van de soort waar de nadruk op melodie en sfeer ligt. Dit duo verstaat het om songs te schrijven waarbij het kippenvel huizenhoog rijst. Bij dit soort albums heb ik eigenlijk de neiging om er niks over te zeggen buiten het feit dat je dit gewoon moet horen. Ik weet zeker dat het je overtuigt. Toch wil ik nog de zang van Fabio De Paula (die ook gitaar en toetsen speelt) benoemen. Deze man heeft een breed spectrum aan stijlen, mooi gesproken stukken, een vette grunt maar bovenal door merg en been gaande cleane vocalen. Fantastisch!

Author: Pim B.
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